“Mi
dice: «Come
può essere buono il Sud, se persino i meridionali, appena possono,
se ne vanno?».
Non sa che sta parafrasando i bellissimi versi di un poeta
afro-americano. È la finta logica dei frettolosi, che giudicano
sugli effetti , per non studiarne le cause (è fatica!). E io non
posso fargli il riassunto di tutto. Così, parafrasando quel poeta in
modo ancora più spinto (ma lui non lo sa), rispondo con un'altra
sciocchezza, figlia della stessa finta logica di ferro: «Come può
essere buono il Nord, se persino il sole, dovendo andare ogni giorno
da Est a Ovest, gli gira alla larga?».”
Sono
le prime parole del nuovo libro di Pino Aprile, “Giù
al Sud”. Un
libro consistente, un diario di viaggio attraverso quel Sud che
“cambia nel silenzio, nascosto dietro il peggio”, uno specchio di
pagine e inchiostro che riflette lucidamente i mali e le ambizioni
del meridione d'Italia.
C'è tutto un mondo
all'interno, un mondo con la M (se volete, scrivetela anche in
grassetto), con una propria identità territoriale e morale. Ma è
soprattutto un libro sulla rivoluzione silenziosa e disarmata di coloro che
scelgono di restare in luoghi da dove, a
rigore di logica, sarebbe opportuno, anzi necessario, fuggire. È la rivoluzione paziente delle associazioni e dei circoli culturali, dei giovani imprenditori locali, dei lavoratori, degli studenti: equipaggio eroico di una nave che lentamente da secoli continua ad affondare nel mare delle "proprie" miserie e nel fango dei pregiudizi altrui.
rigore di logica, sarebbe opportuno, anzi necessario, fuggire. È la rivoluzione paziente delle associazioni e dei circoli culturali, dei giovani imprenditori locali, dei lavoratori, degli studenti: equipaggio eroico di una nave che lentamente da secoli continua ad affondare nel mare delle "proprie" miserie e nel fango dei pregiudizi altrui.
La cornice è sempre
la stessa: settentrione e meridione, una storia centenaria, politici
votati e contestati, l'ombra della mafia che “fa la faccia feroce
al Sud, ma si presenta con le scarpe lucide al Nord”, economia
arretrata, sfruttata; ma la tela al suo interno, questa
volta, sembra diversa, è tinta di speranza e di riscatto. Del resto
niente è impossibile...ma mi fermo qui.
Vi consiglio solo di
celebrare il centocinquantunesimo anniversario dell'Unità d'Italia
leggendo questo libro; perché dopo tutto è facile cantare a
squarciagola inni nazionali, così come è altrettanto facile
sventolare ovunque bandiere colorate, ma è terribilmente difficile
capire se stessi al di là di qualsiasi retorica.
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